Tribunale sez. IV – Monza, 08/02/2023, n. 276

Sul contributo al mantenimento dei figli e sull’assegno divorzile

Contributo al mantenimento dei figli

Quanto alla questione relativa al mantenimento dei figli, si osserva preliminarmente che secondo l’orientamento costante della Suprema Corte l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della loro maggiore età, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria, della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipenda da un comportamento inerte o di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post-universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 4765 del 2002, 8221 e 24498 del 2006, 1830 del 2011- Cass. Sez. I19589/2011). E ancora:

‘La cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, da parte dell’avente diritto, dal momento del raggiungimento della maggiore età’. (Sez. 1, Sentenza n. 12952 del 22/06/2016 (Rv. 640096 – 01).

Nel caso di specie l’indipendenza economica del figlio maggiorenne S., laureatosi in ingegneria ed assunto alle dipendenze di una multinazionale, è circostanza pacifica tra le parti già dalla fase introduttiva del presente giudizio e deve pertanto essere prevista la revoca del contributo al mantenimento allo stesso dovuto dal padre a decorrere dalla data della domanda (formulata unitamente alla presentazione del presente ricorso iscritto a ruolo in data 18.09.2018).

Quanto al figlio maggiorenne L. emerge dagli atti e dalle allegazioni delle parti che egli stia tuttora proseguendo il relativo percorso di studi e non abbia, pertanto, ancora raggiunto l’indipendenza economica.

Ciò premesso, deve osservarsi che, a seguito sia della separazione personale che del divorzio (sia a seguito della cessazione della convivenza ovvero della coabitazione more uxorio dei genitori), la prole comune ha diritto ad un mantenimento economico tale da garantirle un tenore di vita tendenzialmente corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’obbligo normativo di cui la combinato disposto di cui agli artt. 147,148,316 bis e 337 ter del codice civile che impone il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbligando i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione fin quando l’età dei figli lo richieda di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. n. 21273/2013).

Il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto di cui ai sopracitati articoli 147,148,316 bis e 337 ter del codice civile, non soltanto dalle ‘rispettive sostanze’, ma anche dalla capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, con espressa valorizzazione non soltanto delle risorse economiche individuali, ma anche delle accertate potenzialità lavorative e reddituali (Cass. n. 9915/2007).

La corresponsione dell’assegno è quindi la modalità con cui un genitore provvede indirettamente e periodicamente alle spese connesse alle esigenze dei figli somministrando all’altro un importo con lo scopo di assicurare alla prole il soddisfacimento delle attuali esigenze e ad assicurargli uno standard di vita tendenzialmente analogo quello goduto in costanza di convivenza dei genitori (Cass. n. 785/2012).

 

Assegno divorzile

Più nello specifico è noto che l’ultimo orientamento ormai consolidato e parzialmente innovativo della giurisprudenza di legittimità in tema di assegno divorzile (Cass. SS.UU. 18287/2018) esclude ogni rilevanza del pregresso tenore di vita dei coniugi ai fini della determinazione e quantificazione dell’eventuale assegno in favore del coniuge più debole, sottolineando invece come il giudicante debba valutare la sussistenza di una situazione di assenza di mezzi adeguati (profilo assistenziale) o comunque di una condizione di disparità tra le posizioni economico reddituali dei coniugi e se tale disparità dipenda da scelte circa il ruolo endo familiare e lavorativo di ciascun coniuge, scelte comportanti eventuali rinunce e sacrifici riguardo ad una propria carriera e realizzazione professionale da parte di un coniuge, per favorire la professionalità dell’altro. L’assegno assume pertanto una valenza sia assistenziale, sia, in particolar modo, compensativa del sacrificio che il coniuge economicamente più debole ha effettuato per favorire la carriera e la formazione del patrimonio dell’altro.

Il Tribunale, pertanto, in applicazione dei condivisi principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la citata sentenza, nel valutare il diritto all’assegno divorzile deve:

1) accertare l’esistenza di un’eventuale rilevante disparità tra le posizioni economico patrimoniali complessive di entrambi le parti;

2) effettuare una valutazione rigorosa del nesso di causalità tra il divario accertato e le scelte condivise di conduzione della vita familiare adottate in costanza di matrimonio

3) se la disparità economica deriva dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sulla assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge, dovrà essere tenuto conto di tali caratteristiche della vita matrimoniale nella valutazione della inadeguatezza dei mezzi e della incapacità a procurarseli per ragioni oggettive.

4) effettuare un giudizio prognostico sulla concreta possibilità per il coniuge debole di recuperare il pregiudizio professionale ed economico al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro ovvero un suo più adeguato consolidamento.

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